Mahāśivarātri
La grande notte di Śiva
Mahāśivarātri, letteralmente la “Grande Notte di Śiva”, cade nella quattordicesima notte della luna calante del mese di Phālguna secondo il calendario indù. Questa ricorrenza riveste un significato profondo nella tradizione indo-vedica e nelle pratiche tantriche associate al culto di Śiva.
Śiva, uno dei tre aspetti della Trimūrti, incarna il pricipio del distruttore, ma è anche venerato come il rinnovatore e il benefattore. Nella filosofia vedica, Śiva rappresenta la coscienza pura (cit) e la beatitudine (ānanda), aspetti fondamentali del Brahman, la realtà ultima.
Durante Mahāśivarātri, si ritiene che le energie cosmiche siano particolarmente potenti e favorevoli alla pratica spirituale. I testi vedici, come lo Śiva Purāṇa, narrano che in questa notte Śiva eseguì la Tāṇḍava, la danza cosmica che simboleggia la creazione, la preservazione e la distruzione dell’universo.
Dal punto di vista esoterico, Mahāśivarātri rappresenta l’unione di Śiva (coscienza) con Śakti (energia primordiale). Questa unione è simboleggiata dal liṅgaṃ, l’icona aniconica di Śiva, che viene venerata con particolare devozione durante questa festività.
La pratica dello yoga e della meditazione assume un’importanza cruciale durante Mahāśivarātri. I praticanti più avanzati spesso osservano un digiuno completo e una veglia notturna (jāgaraṇa), dedicandosi a intense pratiche meditative. Si crede che in questa notte sia più facile raggiungere stati elevati di coscienza e avvicinarsi alla realizzazione del Sé (ātman).
Nella tradizione tantrica, Mahāśivarātri è vista come un’opportunità unica per risvegliare la kuṇḍalinī, l’energia spirituale latente alla base della colonna vertebrale. Attraverso pratiche come il kuṇḍalinī yoga e la recitazione di specifici mantra come “Oṃ Namaḥ Śivāya”, si cerca di elevare questa energia attraverso i cakra, culminando nel sahasrāra, il centro energetico della corona, dove si dice avvenga l’unione con la coscienza cosmica.
Mahāśivarātri non è quindi solo una celebrazione religiosa, ma un’opportunità di profonda trasformazione spirituale. Rappresenta un momento in cui il velo dell’illusione (māyā) si assottiglia, permettendo al praticante di avvicinarsi alla comprensione della propria natura divina e dell’unità fondamentale con il cosmo.